Il 2020 ha rappresentato un anno di grande cambiamento per molti settori, costringendo molte aziende a reinventare il proprio business per rispondere alle difficoltà dell’esperienza pandemica.

L’impossibilità di viaggiare, il blocco delle produzioni e le criticità logistiche hanno causato enormi perdite economiche, rivelando limiti e debolezze dei sistemi di produzione lineari: secondo l’analisi di McKinsey & Company, nel 2020 le industrie della moda hanno avuto una perdita di circa il 90% delle vendite rispetto all’anno precedente, mettendo a dura prova la capacità di resistenza dell’intero settore.

In molti, tuttavia, hanno visto in tale crisi un’opportunità per accelerare la transizione verso nuovi modelli di produzione più inclusivi e sostenibili. Nel corso degli ultimi anni, la sostenibilità ambientale è diventata un elemento sempre più centrale nel mondo del fashion: la riduzione delle emissioni e delle sostanze chimiche utilizzate, l’utilizzo di materie prime sostenibili o riciclate, l’attenzione alla durabilità del prodotto, sono tutte azioni mirate alla realizzazione di una moda più circolare.

La crisi pandemica ha però rivelato quanto l’intero sistema risulti ancora molto lontano dagli obiettivi prefissati: l’interruzione delle catene logistiche e la cancellazione di grande parte degli ordini hanno fatto sì che i capi invenduti, pari al 30% del totale nei periodi pre-pandemici, arrivasse addirittura a superare il 60% della produzione totale nell’ultimo anno.

Il periodo post-pandemico è stato una sorta di chiamata alla consapevolezza ambientale (green wake up call) per tutto noi. Ciò che abbiamo vissuto ci ha fatto realizzare che nella natura tutto è interconnesso, ed è qualcosa che dobbiamo ricordare da adesso in avanti. I consumatori vogliono essere assicurati che i prodotti che acquistano vengono realizzati responsabilmente in ogni step della catena, dalla scelta delle materie prime al prodotto finale” Andrea Rosso, Diesel

Riutilizzo, second hand, riparazione e upcycling sono alcune delle soluzioni più diffuse per far fronte alle criticità emerse. Tuttavia, secondo il report The State of Fashion 2021, si presenta oggi una nuova grande sfida per l’industria della moda: ricalibrare le proprie strategie di assortimento sulle reali necessità dei consumatori, così da evitare una sovrapproduzione eccessiva. Un migliore utilizzo degli strumenti di analisi digitali, ad esempio, potrebbe permettere ai brand di comprendere meglio le abitudini dei propri clienti, e di produrre di conseguenza solo i capi realmente necessari.

Se la riduzione dell’impatto ambientale era un tema già presente nelle varie strategie aziendali, la pandemia ha portato al centro del dibattito anche i diritti umani e sociali dei lavoratori coinvolti.
La chiusura delle grandi maison ha infatti comportato la cancellazione di milioni di ordini non pagati, mettendo in crisi molti dei lavoratori impiegati nelle catene di produzione dei Paesi a Basso Reddito. Le attenzioni di sindacati e attivisti, e le denunce stesse dei lavoratori, hanno aumentato la consapevolezza dei consumatori circa le ingiustizie che avvengono nelle supply chains globali, imponendo al settore un forte cambio di direzione: partnership più profonde e strutturate, trasparenza assoluta e tutela di tutti i lavoratori coinvolti.