Un salario dignitoso è un diritto fondamentale, riconosciuto dal diritto internazionale e dall’Unione Europea. Ma in che modo e in che misura viene garantito? Quali sono le reali condizioni dei lavoratori europei dell’industria dell’abbigliamento?

Ne dà una fotografia precisa il rapporto pubblicato quest’anno dalla Clean Clothes Campaign: uno studio frutto di sei anni di lavoro che prende in considerazione gli stipendi e le condizioni di vita di 15 paesi dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale, di cui 7 membri dell’Unione Europea.

Il progetto di Clean Clothes Campaign, l’Europe Floor Wage, prende le mosse da un primo dato significativo: in quest’area, il numero di lavoratori dell’industria dell’abbigliamento si aggira intorno a circa 2,3 milioni di persone, prevalentemente donne, ma in molti di questi Paesi gli stipendi minimi definiti dalle leggi nazionali sono così bassi che le persone sono comunque costrette in condizioni di povertà. Come si legge nel report, “rapportate alla soglia di povertà dell’Unione Europea (60% del salario medio di un paese), le retribuzioni minime corrispondono, in media, ai due terzi della soglia di povertà”.

La proposta contenuta nell’Europe Floor Wage è quindi relativa a questa evidenza: realizzare uno strumento concreto per quantificare quale sia, in ciascuno di questi Paesi, il salario necessario per vivere dignitosamente, allo scopo di renderlo un valore di riferimento utile per indurre le imprese committenti e i governi a garantire un salario dignitoso a tutti i lavoratori della filiera.

Secondo il report, il salario medio con il quale vengono retribuiti i lavoratori di quest’area corrisponde a 1/4 del livello considerato dignitoso. Qual è dunque la differenza fondamentale tra il salario minimo stabilito per legge e un salario dignitoso, che rende così netta questa disparità di valori? Per prima cosa i parametri utilizzati per misurare i livelli di povertà in termini statistici, di per sé insufficienti a dare un quadro puntuale delle condizioni di vita dei lavoratori.

Uno dei principali punti di forza del metodo dell’Europe Floor Wage è il fatto che vengano presi in considerazione non solo i bisogni primari del singolo (cibo, vestiario, trasporti, istruzione, spese mediche e via discorrendo) e più in generale il costo di vita, ma anche la dimensione del nucleo familiare a carico del lavoratore.

Ma non solo: il salario dignitoso viene definito nel rapporto come transfrontaliero perché messo in relazione anche alla situazione economico-produttiva del mercato globale, dove spesso i marchi traggono la loro forza “dalla libertà illimitata di cui godono le aziende di spostare le produzioni e da margini competitivi sottratti ai salari” e dove “i fornitori sono spinti a comprimere i salari e i costi della manodopera dall’aspettativa di attrarre gli ordini delle aziende acquirenti, determinando in questo modo una spirale competitiva senza fine”, in cui a rimetterci sono soprattutto i dipendenti. In quest’ottica, alzare la base salariale dei Paesi coinvolti garantirebbe dunque ai lavoratori una forma di tutela dalla corsa al ribasso innescata dalla concorrenza fra i paesi europei produttori di abbigliamento.

Siamo convinti che il lavoro sia uno strumento essenziale per garantire la dignità e la libertà di una persona, ed è in questo spirito che il nostro impegno si è sempre rivolto a creare una crescita inclusiva, offrendo percorsi di inserimento lavorativo ed un lavoro regolare e dignitoso a persone in condizione di svantaggio. Sono queste le condizioni indispensabili per qualsiasi progresso umano, e ci auguriamo che strumenti ed iniziative di questo genere diventino la norma nel mercato globale dell’abbigliamento e non solo.