Il primo settembre 2021 è entrato in vigore il nuovo accordo vincolante sulla sicurezza dei lavoratori del settore tessile in Bangladesh, l’International accord for health and safety in the textile and garment industry. Di cosa si tratta?

L’accordo, che sarà in vigore fino al 31 ottobre 2023, nasce dalle ceneri del vecchio Bangladesh Accord, scaduto il 31 maggio di quest’anno e prorogato per altri tre mesi, fino al 31 agosto: un patto internazionale nato dopo la tragedia di Rhana Plaza, in Bangladesh, quando il 24 aprile 2013 un edificio ospitante alcune fabbriche tessili è crollato portando alla morte di più di 1.100 persone e ferendo gravemente altre migliaia, tutti lavoratori del settore dell’abbigliamento. Una tragedia che ha sollevato l’indignazione di tutto il mondo e l’attenzione sui problemi derivanti dalla delocalizzazione incontrollata di molti marchi occidentali.

Il Bangladesh Accord prevedeva un impegno formale (e vincolante dal punto di vista legale) da parte di 200 gruppi della moda tra cui H&M, Inditex (Zara), Fast Retailing (Uniqlo), Adidas e Hugo Boss, per assicurare livelli minimi di sicurezza negli stabilimenti che sorgono in Bangladesh, uno dei principali paesi produttori di capi di abbigliamento al mondo, assicurando, tra le altre cose, l’istituzione di un organismo indipendente con il compito d’ispezionare e verificare la sicurezza sui luoghi di lavoro.

“Quello che distingue il Bangladesh Accord dalle altre iniziative del settore”, scrive Silvia Gambi, “è che considera i marchi firmatari legalmente responsabili delle violazioni della sicurezza nella loro catena di approvvigionamento e richiede loro di investire alcune risorse finanziarie per risolverli.” E gli effetti positivi sono stati concreti, riuscendo a rendere più sicure circa 1.600 fabbriche per 2 milioni di lavoratori.

Il rinnovamento dell’accordo intende mantenere vivi gli obiettivi raggiunti e prevede molti punti già toccati dal precedente, come il rispetto della libertà di associazione, l’attuazione di controlli indipendenti nelle fabbriche, un programma di sensibilizzazione dei lavoratori e un più elevato livello di trasparenza. Tra le novità più importanti la promessa di estendere il programma in altri paesi: primo tra tutti il Pakistan, teatro di un terribile incendio nel 2012 che ha coinvolto la fabbrica Ali Enterprises e causato la morte di più di 250 persone, episodio che tuttavia non ha determinato molti progressi a livello di sicurezza nelle fabbriche del paese asiatico come è stato per Rhana Plaza.

L’accordo è un risultato sicuramente importante, frutto del lavoro congiunto di attivisti, ONG lavoratori e consumatori, che dimostra come un cambiamento sia possibile e auspicabile. Anche noi di Cartiera crediamo fermamente nel diritto dei lavoratori di avere un posto di lavoro sicuro e dignitoso, impegnandoci ogni giorno in tal senso e augurandoci che quest’accordo, ed altri simili, vengano allargati a tutti i paesi produttori del mondo, e divengano pertanto la norma del mercato globale dell’industria dell’abbigliamento.