Second Hand: una nuova abitudine sostenibile
Se fino a qualche anno fa quello dell’usato veniva considerato dai più un mercato di serie B, nel corso degli ultimi anni il fenomeno ha avuto una crescita esponenziale entrando definitivamente a far parte delle nostre abitudini di consumo.
Nel corso del 2020 il 54% degli italiani almeno una volta ha comprato o venduto oggetti usati: la Second Hand Economy ha ormai raggiunto un valore pari a 23 miliardi di euro, equivalente all’1,4% del Pil nazionale. Questi sono alcuni dei dati raccolti nella settima edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa, che confermano l’idea generale di una nuova tendenza tra i consumatori.
Il settore moda non è certamente dispensato da questa vocazione: secondo il report di quest’anno di thredUp, reseller californiano e membro della Ellen MacArthur Foundation, sono 33 milioni i consumatori che hanno acquistato per la prima volta abbigliamento di seconda mano nel 2020, e tra questi il 76% prevede di aumentare la spesa per l’usato nei prossimi 5 anni.
Quali sono le ragioni che hanno spinto a questa nuova e virtuosa attitudine? Sempre secondo l’analisi di threadUp, un consumatore su due post-pandemia è più attento a contenere i costi relativi all’abbigliamento. Ma non solo: sembra esserci più interesse rispetto al passato verso la sostenibilità ed una maggiore volontà di contribuire all’abbattimento degli sprechi per la salvaguardia ambientale. Eppure, come si legge nel report, «mentre la domanda di seconda mano è in aumento, la domanda di nuovi capi di abbigliamento commercializzati come “sostenibili” è in calo. Ciò può essere dovuto all’accessibilità combinata con le preoccupazioni dei consumatori riguardo al greenwashing e alla trasparenza».
Ogni prodotto usato e venduto sostituisce la necessità di produrre un nuovo oggetto, allineandosi a quel pensiero circolare che vuole essere una risposta concreta alla complessità insostenibile del nostro attuale modello economico. È un modo di dare un rinnovato valore alle cose allungandone il ciclo di vita, tagliando fuori non solo le fasi di dismissione e smaltimento del prodotto stesso, ma anche quelle di estrazione di materie prime e lavorazione (e relative emissioni) di un nuovo prodotto.
Applicare i principi di un’economia circolare che vada al di là del semplice riciclo, fino ad arrivare a non produrre più rifiuti, vuol dire anche puntare i riflettori su una serie di soluzioni che mirano ad allungare la vita utile dei prodotti attraverso la riparazione e il riuso, gesti semplici e alla portata di tutti che possono consolidare le radici di una crescita sostenibile.