Il pianeta non ha risorse illimitate, così come non è illimitata la sua capacità rigenerativa. Economia circolare significa questo: pensare ad una catena economica che si auto-alimenti, senza gravare sulla natura e le sue risorse.
Secondo la Ellen MacArthur Foundation il termine definisce «un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. […] L’economia circolare è un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Nell’economia lineare, invece, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento».

In un mondo in cui il cambiamento climatico non è più soltanto uno spettro lontano, gli effetti del paradigma “siamo ciò che consumiamo” si fanno sempre più tangibili. La produzione non sostenibile e le enormi quantità di rifiuti generati sono strettamente correlate ai nostri modelli lineari di consumo: prendere, produrre, buttare via. Ogni cittadino italiano produce in media 500 chili di rifiuti all’anno, ma di questa quantità solo il 29% viene recuperato. A livello globale la tendenza non è certamente più positiva: la produzione complessiva di rifiuti nel mondo ammonta annualmente a circa 11 miliardi di tonnellate, di cui solo il 25% è riutilizzato o riciclato, mentre il 75% viene destinato a discariche o a inceneritore.

Alterazione degli ecosistemi, inquinamento del sottosuolo, delle acque, dell’aria, sono solo alcune delle macro-conseguenze che derivano dalla produzione incontrollata, e con il passare del tempo si sente come sempre più impellente l’esigenza di un radicale cambio di rotta. È questo, in fondo, l’obiettivo dell’economia circolare.

Il modello esterna il celebre postulato di Antoine Lavoisier «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma», basandosi sul cosiddetto “schema delle 4R”:

  • Reduce, ovvero ridurre l’utilizzo di risorse, emissioni e sprechi, così da ridurne anche l’impatto ambientale;
  • Recover, ovvero pensare e utilizzare il prodotto in un’ottica di lunga durata, impegnandoci a farlo durare il più possibile (manutenzione e riparazione) e impiegandolo, una volta dismesso, per scopi diversi da quelli per cui è nato.
  • Reuse, ovvero riutilizzare il prodotto anche dopo la fine del suo ciclo di vita attraverso pratiche come l’upcycling, dove lo scarto di un produttore diventa materia prima per un altro;
  • Recycle, ovvero recuperare il rifiuto trasformandolo, attraverso particolari trattamenti di lavorazione.

Economia circolare non è quindi solo riqualifica del rifiuto, ma anche attenzione alla longevità dei prodotti, alla sostenibilità della progettazione, alla riparazione e al riutilizzo dei materiali.

L’upcycling, in particolare, è la pratica di dare ai materiali una nuova utilità: in questo cerchio, dove ogni cosa ha un inizio ma non una fine, non esistono scarti ma solo nuove opportunità. Il nostro impegno e quello dei nostri artigiani è rivolto proprio a questo, a dare nuova vita a materiali inutilizzati, in particolare pelle di alta qualità destinata allo smaltimento da grandi marchi di moda, e a dare man forte a questa nuova e sostenibile visione del mondo, del prodotto, del rifiuto. Un nuovo modo di pensare e produrre, più etico e responsabile, che ci auguriamo diventi una pratica globalmente diffusa.